sabato 1 giugno 2013

L’Ammiraglio in acque tempestose

Oggi mi viene voglia di raccontare questa storia che mi ha insegnato tanto:

C’era una volta una nave di nome Voglia di Fare che partì dal Porto di Lieta Speranza e voleva arrivare nel porto di Obiettivo.
A bordo c’era un forte equipaggio che aveva affrontato tutti i mari.
Ma la nave navigava pellegrina nei mari di “E se…”, “E ma io …”, “Dopo di dopo …”
Povera nave, povero ammiraglio, povero equipaggio, a girovagar senza bussola e senza rotta, perché sulla mappa “Per Dove Andar” non ci stava!


Dopo tanti giorni di navigazione a seguire il sole, la luna e le stelle, tutti avevano voglia finalmente di approdare, ma Obiettivo ancor non si trovava.
Passarono i giorni e passarono le notti, le vele sbattevano accompagnate dal fruscio del vento sulle onde increspate del mare. Il sole nel cielo ed il calore sulla pelle di giorno si mutavano con la luna ed il fresco della notte, mentre l’umido del mare si lasciava inalare e si poggiava brillantino per ogni dove sulla nave.
L’Ammiraglio, di nervoso vestito, contro tutti urlava indispettito.

Per tener buono l’Ammiraglio, un nostromo canterino intonò di Borbonica usanza:
“Chi sta a prora, vada a poppa.
Chi sta a poppa, vada in stiva.
Chi sta in stiva, vada a babordo.
Chi sta a babordo, vada a tribordo.
Chi sta a tribordo, vada a prora.
Chi niente fa, faccia finta ‘e fa”
E ricominciava “Chi sta a prora …”
Il calpestio ritmico dei passi, la cantilena incessante dei marinai, le figure che si intrecciavano sul ponte della nave dondolante sulle creste delle onde continue, scandivano un tempo infinito.
Di notte, una luce lontana attirò l’attenzione della vedetta. Mentre, alla luce, la nave Voglia di Fare incontro andava, la vedetta urlava “Collisione! Collisione!”

l’Ammiraglio si destò e urlò: “Chi è costei che ci par di fronte? Orsù, non si rende conto che siam spinti dal vento? Non ode le nostre urla? Non vede le vele spiegate?”
L’Ammiraglio ordine diede di sparar i cannoni a salve: boato, odor di sparo e sussulto destarono la ciurma.
Di rimando allo sparo, una voce implorava “Tutta la riverenza porger posso, ma di qui muover non posso: ostacolo sono nato, scoglio son diventato, in Faro mi hanno trasformato, la luce t’ho mostrato, invano è stato, perché su di me ti sei arenato?”

Questa storia mi ricorda tutte quelle volte che … vi è mai capitato di muovervi per un mare senza porto? Un azione dopo l’altra, approdando a niente?
Fatta esperienza del genere, mi sono mai chiesto abbastanza dove voglio veramente andare? Sto tracciando la rotta di dove voglio essere domani?
Se le mie risorse fossero le mie vele, quante ne sto utilizzando per dirigermi verso il mio obiettivo?

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