Oggi mi viene voglia di raccontare questa storia che mi ha
insegnato tanto:
C’era una volta una nave di nome Voglia di Fare che partì
dal Porto di Lieta Speranza e voleva arrivare nel porto di Obiettivo.
A bordo c’era un forte equipaggio che aveva affrontato tutti
i mari.
Ma la nave navigava pellegrina nei mari di “E se…”, “E ma io
…”, “Dopo di dopo …”
Povera nave, povero ammiraglio, povero equipaggio, a girovagar
senza bussola e senza rotta, perché sulla mappa “Per Dove Andar” non ci stava!
Dopo tanti giorni di navigazione a seguire il sole, la luna e le stelle, tutti avevano voglia finalmente di approdare, ma Obiettivo ancor non si trovava.
Passarono i giorni e passarono le notti, le vele sbattevano accompagnate
dal fruscio del vento sulle onde increspate del mare. Il sole nel cielo ed il
calore sulla pelle di giorno si mutavano con la luna ed il fresco della notte,
mentre l’umido del mare si lasciava inalare e si poggiava brillantino per ogni
dove sulla nave.
Per tener buono l’Ammiraglio, un nostromo canterino intonò
di Borbonica usanza:
“Chi sta a prora, vada a poppa.
Chi sta a poppa, vada in stiva.
Chi sta in stiva, vada a babordo.
Chi sta a babordo, vada a tribordo.
Chi sta a tribordo, vada a prora.
Chi niente fa, faccia finta ‘e fa”
E ricominciava “Chi sta a prora …”
Il calpestio ritmico dei passi, la cantilena incessante dei
marinai, le figure che si intrecciavano sul ponte della nave dondolante sulle creste
delle onde continue, scandivano un tempo infinito.
Di notte, una luce lontana attirò l’attenzione della
vedetta. Mentre, alla luce, la nave Voglia di Fare incontro andava, la vedetta
urlava “Collisione! Collisione!”
l’Ammiraglio si destò e urlò: “Chi è costei che ci par di
fronte? Orsù, non si rende conto che siam spinti dal vento? Non ode le nostre
urla? Non vede le vele spiegate?”
L’Ammiraglio ordine diede di sparar i cannoni a salve: boato,
odor di sparo e sussulto destarono la ciurma.
Di rimando allo sparo, una voce implorava “Tutta la
riverenza porger posso, ma di qui muover non posso: ostacolo sono nato, scoglio
son diventato, in Faro mi hanno trasformato, la luce t’ho mostrato, invano è stato, perché su di me ti sei
arenato?”
Questa storia mi ricorda tutte quelle volte che … vi è mai
capitato di muovervi per un mare senza porto? Un azione dopo l’altra, approdando
a niente?
Fatta esperienza del genere, mi sono mai chiesto abbastanza
dove voglio veramente andare? Sto tracciando la rotta di dove voglio essere domani?
Se le mie risorse fossero le mie vele, quante ne sto utilizzando per dirigermi verso il mio obiettivo?
Se le mie risorse fossero le mie vele, quante ne sto utilizzando per dirigermi verso il mio obiettivo?
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